Gl è chi davanti agli eventi più drammatici della vita si abbatte. E poi c’è lui, Matteo Silvestri, che non solo ha trovato una soluzione, ma è diventato Man Solution, l’uomo delle soluzioni. Attore di teatro, dopo aver subito un episodio di malasanità ha creato un’azienda che fornisce sostegno per richieste di risarcimento. Poi, però, è tornato al suo primo amore, la recitazione. Silvestri è infatti reduce dal film Summer Dew, girato a Sarajevo, prossimamente nelle sale cinematografiche.
Sei un imprenditore, ti dedichi alla recitazione… Non sarai bravo anche in in cucina?
«Qualcosa ho imparato a | preparare nei di, miei anni da single! Quando non sono .in girò per lavoro mi piace cucinare. Penso che anche qualcosa di semplice possa stimolare la fantasia».
Da chi hai imparato? «Avendo una mamma che cucina in modo
straordinario, l’ho sempre osservata molto. Inoltre, mio fratello Gianluca ha il talento di un vero chef… Così, se mi lancio in qualche avventura gastronomica, so sempre a chi chiedere consiglio. Anche se non raggiungerò mai i loro livelli, continuo a rubare i loro segreti!».
«In cucina sono importanti i dettagli»
Il più importante insegnamento che hai ricevuto?
«La cena a casa nostra è sempre stato un momento formale. Mia madre preparava tutto meticolosamente, senza lasciare nulla al caso. Questo mi ha insegnato l’importanza di curare i dettagli. Come in qualsiasi altro campo, se si vuole raggiungere il top, anche in cucina bisogna occuparsi dei dettagli».
Se potessi disegnare la cucina dei tuoi sogni, come sarebbe?
«In realtà l’ho già disegnata ed è quella che ho creato a casa mia. Uno spazio ergonomicamente adeguato, che possa permettere alla mia fantasia di esprimersi ai fornelli: la cucina e l’ambiente di cottura sono solo ausili tecnici che aiutano a tirare fuori quello che uno vuole preparare ».
Hai girato un film a Sarajevo. Com’è la cucina locale?
«Quando sono in giro per il mondo assaggio i piatti locali. L’ho fatto anche mentre ero a Sarajevo. La cucina bosniaca è estrema-mente particolare per le influenze turche e ha anche una componente slava».
Che idea ti sei fatto?
«E una cucina che rappresenta perfettamente il suo popolo con le componenti che lo caratterizzano. Nasce povera, è soprattutto a base di carne ovina. I sapori sono forti, non mancano però la delicatezza e le spezie tipiche della cucina turca. Lo stesso vale per i dolci, molto elaborati dal punto di vista deliba preparazione, che sin dal primo assaggio danno la sensazione di qualcosa di unico, speciale e carico di storia».
C’è un piatto che ti ha colpito in modo particolare?
«I cevapcici, spiedini di carne d’agnello e manzo che vengono serviti accompagnati da cipolle crude e con i pane che ricorda la pita greca. Vengono serviti con una salsa di panna acida: ogni zona ha una ricetta tipica per cui il sapore è sempre nuovo, diverso, in grado di risvegliare differenti emozioni».
«Lamatriciana per me è il meglio!»
Sembra che il babka, un particolare dolce tipico dei Paesi delFEst, abbia conquistato il popolo di Instaurarli. Lo hai assaggiato?
«Certo! A colazione tutte le mattine: è una treccia soffice ma compatta, burrosa e ricca; di cioccolato e cannella. Il contrasto di colori, sapori e profumi scatenano l’acquolina in bocca. A proposito di peccati di gola, il ricordo dolce che più mi manca di Sarajevo è il baklava, il compagno ideale per il caffè alla turca che bevevamo durante le pause delle riprese».
Sei attento alle nuo\ e mode culinarie oppure sei tradizionalista?
«Tradizionalista! Attenzione. però: all’estero sperimento sempre e solo la cucina locale per “entrare” il più possibile nella nuova realtà che sto vivendo. I ristoranti italiani per me sono off-limits: trovo assurdo andare a mangiare italiano quando ci sono piatti nuovi da assaggiare».
Se dovessi presentare a uno straniero la cucina italiana, che piatti sceglieresti?
«I bucatini all’amatriciana per me rappresentano al meglio il nostro Paese. Con ingredienti semplici si crea un piatto straordinario».
Qual è, invece, il piatto che racconta maggiormente chi sei?
«La lasagna alla boscaiola, che si mangiava alla domenica, oppure le polpette al sugo.
Articolo tratto da Vero.